lunedì 27 gennaio 2014

LA GIORNATA DELLA RIFLESSIONE

Ricorre oggi la Giornata della Memoria.

Ammetto che mi piacerebbe modificarne la denominazione, aggiungendo la parola “riflessione”: Giornata della Memoria e della Riflessione; è più completo.
Ogni anno, il 27 gennaio, per l’Italia dal 2000, è dedicato a cerimonie commemorative e proiezioni che rievocano la Shoah; il carattere un po', mi si permetta, compilativo, delle rievocazioni, rischia di ridurre l’argomento a mera archeologia, piuttosto che considerarlo un monito per le generazioni a venire.
Riflettiamo: perché viene celebrata la Giornata della Memoria? Soffermiamoci sull’etimologia del termine “genocidio”, coniato appositamente per provare a definire la Shoah, lo sterminio degli ebrei organizzato dai nazisti; sterminio che, ricordiamo per dovere di completezza, ha avuto come vittime anche ulteriori categorie di
persone, ancora oggi poco menzionate(oppositori politici, omosessuali, zingari,...).
Il termine “genocidio” viene inteso come “omicidio di un popolo, di una stirpe”; ma il vero significato è più profondo: “genocidio” deriva dalla parola greca ghénos (razza, stirpe) e dal verbo latino caedo (uccidere); e ghénos a sua volta deriva dal verbo ghìgnomai (essere); potremmo quindi intenderlo anche come “omicidio dell’essere, dell’esistenza”: non si tratta di uccidere qualcuno per quello che possiede, allo scopo di sottrarglielo, o di quello che fa, allo scopo di impedirglielo - prospettive già in sé terrificanti - ma per quello che uno è. L’esistenza come colpa.
Non credo si possa immaginare intento più disumano di quello rivolto alla distruzione dell’esistenza in quanto tale.
Quindi questa giornata non può essere solo un giorno durante il quale visionare lodevoli opere artistiche, o discutere su quale dittatore abbia ucciso più persone nel corso della storia; deve essere l’occasione preziosa per fare memoria all’essere umano di cosa sia capace di fare a sé stesso, e per riflettere sul fatto che spetta solo ad ognuno di noi vigilare su noi stessi, proponendosi di non sprofondare nuovamente nell’abisso.

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